L'onda non sembra smettere. Sono quasi mille e seicento le storie arrivate in pochi giorni a Repubblica. it. I giovani alla prese con la crisi hanno l'esigenza di raccontare e dire quello che non va. Chiedono maggiore attenzione. Soprattutto da chi è alla guida del Paese. E pongono domande a cui non riescono a trovare risposte.
Perché un sismologo, nell'Italia tormentata dai terremoti, è costretto ad andare in Francia per trovare un impiego? Perché a un agente di polizia municipale non viene rinnovato il contratto a tempo determinato mentre tutti i leader politici parlano di "sicurezza"? Perché non esistono strumenti di tutela per un giovane che perde un impiego?
Concorrenza tra i nuovi poveri. Pochi i soldi che ciascuno riesce a racimolare in quel poco lavoro che c'è. Tanti quelli che non hanno nulla. Solo l'aiuto dei genitori. Alcuni, neppure quello. Quasi il cinquanta per cento di chi ci scrive sta sotto la soglia degli 800 euro al mese. In un mese, un ragazzo su tre che ha partecipato all'indagine, non riesce a mettere insieme neppure un euro. Perché fa uno stage. Perché ha perso il contratto di collaborazione da poco. E ora non ha nulla.
Ma anche chi ha un impiego, non prende molto di più. Una ragazza da Vicenza racconta che lavora "per pochi soldi, perché se non accetti tu, ce ne sono mille altri che accettano al posto tuo". Da Roma un 32enne con un contratto "stabile", uno che ha tolto dal cv il master "perché mi rendeva troppo qualificato" e si ritiene un miracolato, confessa che le cose non vanno neppure per lui. "Si deve rimanere al lavoro fino alle dieci di sera ogni santo giorno e guai ad andare via prima! Sono sei mesi che sono sotto psicofarmaci. Se apri bocca ti dicono 'quella è la porta'".
La voglia di fare e l'assenza di occasioni. Nelle email che stanno arrivando, eppure, si rintraccia, nonostante la disperazione, intraprendenza e disponibilità ai sacrifici. Quasi tutti hanno entusiasmo per quello che hanno studiato. Molti quelli che si danno da fare. Ma sono arrabbiati perché non riescono a trovare occasioni in Italia. Da Strasburgo ci scrive un ragazzo che si è laureato in geologia e ha un dottorato in geofisica. "L'Italia non ha bisogno di un sismologo, non ha bisogno di un esperto di geotermia e non ha bisogno di persone che studiano e sviluppano lo sfruttamento delle energie rinnovabili." Ora è stato assunto all'università di Strasburgo con un contratto di quattro anni. Quanto avrebbe dovuto aspettare da noi? Dal ponente ligure scrive un ventottenne. "Da sette anni lavoro come agente di polizia municipale. Dall'aprile scorso inizio il mio calvario di contratti a tempo determinato con scadenza bimestrale". Gli hanno comunicato che la sua collaborazione terminerà il 30 novembre "nel suo interesse e del Comando".
Senza alcun sostegno. Tra loro sono tanti quelli che lamentano l'assenza di qualsiasi tipo di tutela. Descrivono la propria condizione e si chiedono perché non ci sia alcun ammortizzatore che permetta loro di sostenere con minori stenti questi tempi difficili. Da Milano scrive un ragazzo pugliese che ha cominciato da tempo a lavorare nel networking pagando lo scotto di turni scomodissimi: "Sette giorni su sette, copertura su 24 ore. Ma sempre a partita Iva. A Natale del 2008 mi è stato comunicato che il mio contratto a fine mese non sarebbe stato rinnovato. Da allora per lo Stato sono un invisibile. Anche se ho pagato 26mila euro di tasse, non mi spetta nessun ammortizzatore".
Cosa fanno gli altri Stati. Altrove in Europa stanno facendo di più per intervenire d'urgenza. In Francia, a metà settembre di quest'anno, Nicolas Sarkozy ha annunciato un piano di 500 milioni di euro per aiutare i giovani disoccupati estendendo anche a 18-24enni il diritto al reddito di solidarietà attiva. Nel Regno Unito il governo di Gordon Brown, a partire dal gennaio del 2010 offrirà a tutti gli under 25, senza lavoro da più di un anno, un percorso di formazione o un periodo di lavoro retribuito.
Il futuro di una nazione. Dall'Italia così vanno via in molti. Non solo gli italiani. Anche quelli che erano arrivati qui, attirati dalle nostre radici e dai nostri saperi. Ci ha scritto anche un violoncellista di Buenos Aires arrivato in Italia per suonare in un'orchestra da camera. In Italia per la tradizione e la cultura. Racconta che il lavoro che fa gli piace molto anche se non ha "un contratto fisso (mi pagano a giornata) perché l'orchestra non è stabile, anche se lavora molto e con successo in giro per l'Italia e per il mondo". Anche se non ha l'assicurazione sanitaria, anche se lavora più di 12 ore al giorno, anche se non può ammalarsi, non può comprarsi casa e i politici lo definiscono un 'fannullone'. Qualcosa però in questi mesi si è rotto. Ora cerca di fare concorsi all'estero. Forse perché l'Italia comincia a sembrargli così simile al paese che ha lasciato ("Ho lasciato l'Argentina per ritrovarmi in un paese che compie gli stessi errori...?") quando era molto più giovae.
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