A dire basta alla piaga del lavoro nero che circola all’i nterno della sua categoria è Graziella Tuci, un’a cconciatrice pratese che sta ancora scontando l’amarezza per aver fatto solo due appuntamenti il sabato prima di Pasqua. «Il bello è che non posso neanche lasciare l’attività perché mi costerebbe più chiudere il negozio che tenerlo aperto. A questo punto cerco di tenere duro per altri tre anni prima della pensione». Le ha inventate tutte, questa maga del capello per vedere di attirare la clientela, come quella di far pagare a sole 35 euro un trattamento comprensivo di piega, shampoo colorante e ristrutturante: «Questa crisi economica disorienta la gente che vuole spendere poco senza sapere cosa c’è dietro la nostra attività, con gli studi di settore che c’impongono di fare ricevute per quello che non si è lavorato, in modo da essere congrui con i parametri fiscali».
E poi ci sono quelle che, armate di tutti i ferri del mestiere, vanno nelle case dei pratesi per un taglio o una piega. «Sono i cittadini ad alimentare questo mercato del nero - denuncia la Tuci - ma la responsabilità è anche dei grossisti che non si fanno scrupolo di vendere i loro prodotti professionali anche a domicilio. E poi ci sono le ragazze che escono dalle scuole, dopo aver speso anche 6mila euro per imparare una professione, e che con questa crisi si ritrovano senza un lavoro. Ma fare una tintura a casa può essere pericoloso per via delle sostanze chimiche contenute nei prodotti e che potrebbero procurare allergie».

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