venerdì 20 novembre 2009

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"Ferrovie in utile, senza aiuti statali"

Sorpresa, le Ferrovie dello Stato hanno i conti in ordine. Chiuderanno il 2009 con qualche decina di milioni di euro di utile. «La novità è che abbiamo raggiunto una redditività stabile dice l’amministratore delegato Mauro Moretti guadagniamo senza aiuti pubblici e senza il concorso di partite straordinarie». Parte anche una nuova stagione di investimenti, 2 miliardi per il trasporto locale e 1 miliardo e mezzo per l’alta velocità: «Entro il mese la gara per un treno veloce di ultimissima generazione, con architettura italiana, e ci auguriamo che le imprese nazionali sappiano farsi valere».I conti sono a posto, è il momento dello scorporo della parte "a mercato"?
«Lo scorporo della parte commerciale non è ancora una ipotesi, per il momento è soltanto un’idea».
Quella di separare la parte buona, cioè redditizia, da quella che perde?
«Quello che qualcuno ha detto, parlando di ‘bad company’ e di good company’ non è corretto, per due ragioni: la prima è che le Ferrovie dello Stato hanno l’obiettivo di non perdere in alcun settore di business e quindi non ci sarebbe nessuna ‘bad company’; la seconda è che la motivazione dell’eventuale scorporo è avere uno strumento agile per competere ad armi pari sul mercato nazionale e su quelli esteri».
Oggi non competete ad armi pari?
«No, e le faccio un esempio: una società privata che ha un problema con chi le fa le pulizie ci mette mezz’ora a cambiare il fornitore del servizio, noi stiamo combattendo da 18 mesi ed abbiamo dovuto vincere, fino ad oggi, ben 41 ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato».
Se lo scorporo consente di operare meglio e di essere più competitivi allora perché non lo fate?
«Perché prima dobbiamo finire di mettere a posto i conti di Trenitalia, che si porta dietro un debito pregresso di sei miliardi e il cui bilancio è molto migliorato rispetto al passato ma ancora quest’anno chiuderà con qualche decina di milioni di perdita».
Cosa state facendo?
«Innanzitutto abbiamo avviato un aumento del capitale, effettuato con il trasferimento di asset del gruppo, che progressivamente passerà dal miliardo attuale a 2,5 miliardi, migliorando così sostanzialmente il rapporto tra capitale e debito. Da tre anni poi, cioè da quando sono qui, stiamo lavorando sui costi, sulla produttività, che oggi è la più alta d’Europa, e sull’efficienza».
Cos’è che ancora non va?
«Da fare c’è ancora molto, ci sono ancora spazi per aumentare efficienza e produttività e soprattutto per aumentare l’efficacia dell’offerta».
Cosa vuol dire?
«Noi siamo un’azienda di servizi che non fa magazzino, quindi se offriamo posti dove o quando non c’è una domanda adeguata è uno spreco, così come è uno spreco lasciare la domanda insoddisfatta. Stiamo affinando sempre di più l’offerta per evitare questi sprechi».
I numeri cosa dicono?
«Che la crisi ha pesato, ma solo sulle merci che hanno avuto un crollo del 2829 per cento, in linea con il resto d’Europa. La caduta delle merci però nei primi nove mesi è stata compensata dall’aumento delle entrate per il servizio passeggeri, soprattutto nell’area "a mercato" quella cioè non intermediata dallo stato e dalle regioni, l’Alta Velocità per intenderci, con il risultato che a fine settembre il fatturato è stato pari a quello dei primi nove mesi dell’anno precedente».
E i risultati economici?
«Il gruppo Fs chiuderà l’anno in utile. In tre anni, dal 2006 al 2008 siamo passati da un margine operativo lordo negativo per 650 milioni a uno positivo di un miliardo e 35 milioni, nel 2009 abbiamo consolidato quel processo e ora, questa è la novità, Fs è in grado di produrre una redditività stabile, che non è frutto cioè di partite straordinarie».
Le sovvenzioni pubbliche quanto hanno contribuito a questo risanamento?
«Non hanno contribuito. Il margine operativo è stato ricostruito per 800 milioni con l’aumento della produttività e per 700 con l’aumento degli incassi. Aggiungo che le Fs non ricevono sovvenzioni dallo stato né da nessun altro: lo stato finanzia gli investimenti in infrastrutture e acquista servizi. Mi spiega perché quando lo stato paga la bolletta elettrica per i suoi uffici si dice che acquista un servizio e quando paga un treno per il servizio universale invece si pensa ad una sovvenzione?»
Passiamo al capitolo dolente, i pendolari. Il servizio continua a non funzionare.
«Abbiamo fatto un passo avanti importante, finalmente abbiamo stipulato con tutte le regioni , tranne il Piemonte che ha preferito procedere con una gara, dei contratti sulla base di un catalogo uguale per tutti. Si tratta quindi di contratti trasparenti che fissano analiticamente costi e prestazioni, che includono gli ammortamenti del materiale rotabile, che hanno consentito alle regioni, valutando le risorse delle quali dispongono, di decidere la qualità e l’età del materiale rotabile. E poi, cosa fondamentale, lo stato ha stabilito che il contratto è di sei anni rinnovabile per altri sei».
E’ una decisione che ha sollevato numerose critiche.
«Ingenerose. Con il contratto annuale non è possibile programmare nulla, un contratto di sei anni noi possiamo invece scontarlo e così finanziare l’investimento in nuovo materiale rotabile a vantaggio delle regioni e soprattutto dei loro pendolari».
Alla gara della regione Piemonte vi presenterete?
«Presenteremo una offerta di partecipazione, quando saranno note le condizioni decideremo per l’offerta. Quello che non faremo più è ciò che ha portato in passato le Fs sull’orlo del fallimento, ovvero lavorare sotto costo».
E se doveste lasciare il Piemonte?
«Non sarà una tragedia, cederemo il personale ai nuovi entranti e i treni li porteremo in altre regioni ad attenuare la pressione che c’è intorno ai grandi centri urbani».
Adesso sta per concludersi la gara da due miliardi per i treni per i pendolari, quando vedremo i frutti?
«Per risolvere il problema del trasporto locale ci vogliono mille nuovi treni, il che richiederebbe un investimento di 6 miliardi. Dalle regioni e dallo stato ne abbiamo avuti due e abbiamo già comprato nuove locomotive, mercoledì chiudiamo la gara per i vagoni, che cominceranno ad arrivare entro 15 mesi. L’offerta progressivamente migliorerà e se saremo messi in grado di dare continuità agli investimenti, nel giro di qualche anno il problema dei pendolari potrà essere risolto».
Passiamo all’Alta Velocità, lei sostiene di non aver speso nulla.
«E’ così. Avevamo in casa una flotta importante di 59 treni della nuova serie ETR500, le cui locomotive sono tutte successive al 2000 e le cui carrozze hanno un’età media di 10 anni. Con l’arrivo degli ETR600 l’età media scenderà ancora. Quello che ho fatto è rifare gli interni, dotare i treni di nuovi sistemi di controllo automatico, ridisegnare la livrea, concentrare la flotta in alcune tratte e creare un brand, ‘Freccia Rossa’, che peraltro ha vinto a Londra un Global Award, un premio mondiale per il marketing».
Quanto vale oggi la parte "a mercato" sul totale fatturato dei passeggeri?
«Siamo vicini al 50 per cento del fatturato sulle lunghe percorrenze, ma con l’aumento dell’offerta del 30 per cento e migliorando come le dicevo all’inizio anche l’efficacia dell’offerta, la quota crescerà sensibilmente».
Dove arriverà la nuova offerta?
«Lanciamo la tratta tra la stazione Tiburtina a Roma e la stazione Rogoredo a Milano in 2 ore e 45 minuti; faremo RomaVerona in tre ore, grazie al fatto che abbiamo completato a settembre il rifacimento della BolognaVerona, dove potremo andare fino a 220 all’ora; attaccheremo Brescia, da dove si arriverà a Roma in 4 ore. A sud aumenteremo del 30 per cento la Freccia d’argento RomaBari e del 50 per cento la RomaLamezia. Dovunque aumenteremo l’offerta nelle ore serali».
Volete cannibalizzare l’aereo.
«In realtà quello che sta accadendo è che stiamo sempre più sostituendo l’auto, su tratte come NapoliRoma, RomaFirenze, BolognaMilano. E poi sta nascendo una nuova domanda, un pendolarismo di tipo nuovo che cambia le relazioni tra le città».
Resta da risolvere la questione della MilanoVeneziaTrieste.
«Abbiamo avuto le risorse per la TreviglioBrescia, dove speriamo di partire rapidamente per completarla in tempo per Expo 2015, e questo ci consente di sbloccare il primo collo di bottiglia. L’altro, tra Padova e Mestre, lo abbiamo già affrontato quadruplicando la linea, resta ora il problema di arrivare fino a Padova e poi la proiezione verso Trieste, dove stiamo lavorando per definire i tracciati. Siamo consapevoli che se oggi il traffico è prevalentemente NordSud, in prospettiva quella linea sarà molto importante».

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