mercoledì 11 novembre 2009

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Sci: siamo ancora i numeri uno ma il mercato è molto più piccolo

E’ uno dei distretti più " antichi" e anche più vitali. Da quando nel 1954 una spedizione italiana guidata da Ardito Desio, arrivò per prima sulla cime del K2 calzando scarponi Dolomite, per il distretto dello Sportsystem di Montebelluna è stata una conquista dietro l’altra. Sono stati prodotti qui dalla Nordica i primi scarponi da sci in plastica, a fine anni Sessanta la Tecnica inventò i doposci Moon Boot che inaugurarono una stagione che dura ancora oggi, e poi la Sidi che progettò le prime scarpe da ciclismo con una tacchetta che ferma il pedale e l’Alpine Stars che sbaragliò, e ancora sbaraglia, il mondo della moto con gli stivali con il parastinco in acciaio. Fino ad arrivare, attraverso la Lotto con le sue scarpe da calcio indossate da Zoff ai mondiali di Spagna del 1982 e la Diadora delle scarpe da tennis di Bijorn Borg, all’"invenzione" della scarpa che respira della Geox. Una conquista dietro l’altra che ha comportato cambiamenti epocali, come quello del decentramento produttivo, e anche trasformazioni dolorose: per uno che vince ci sono molti che hanno perso la partita e sono scomparsi o sono stati costretti a cambiare.
Ma oggi con i suoi 7600 addetti, oltre 2 miliardi di fatturato e 45 milioni di scarpe prodotte il distretto di Montebelluna è ancora vivo, con tutte i cambiamenti che quasi non lo fanno assomigliare più ad un distretto vero e proprio e una crisi che mette in luce debolezze e chiede risposte ad interrogativi su quale sarà il futuro. Eppure è proprio la capacità di trasformazione e le sue contraddizioni, di cui è disseminata la storia, a farne un modello. Basta guardare un po’ di dati. E’ dominato da una grande impresa come la Geox, che rappresenta quasi il 42% del fatturato, ma che, nata quando la delocalizzazione era già qui una realtà acquisita, non produce scarpe a Montebelluna, ma solo modelli e prototipi. Ha un mondo, quello dello sci, che si è "ristretto" dai "fasti" degli anni Sessanta (rappresentava allora il 64% delle vendite oggi è a poco più del 9%) ma oltre a tenere la leader mondiale del settore, il gruppo Tecnica Nordica, rappresenta, con le sue aziende, un quarto delle imprese del distretto che producono per lo sci e le sue molteplici mode. Alcune, piccole, si sono ritagliate nicchie di mercato mondiali per la qualità delle produzioni. Questo mondo ha delocalizzato le sue produzioni ben prima che cadesse il muro di Berlino con un’emorragia di posti e una falcidia di aziende, ma oggi, a detta dei suoi imprenditori, il processo si è fermato, anzi sembra quasi assumere una direzione opposta. Ma molta manifattura è andata fuori e si è ha avviato un processo di "terziarizzazione" che oggi ha fatto sì che il distretto "produca" progettisti che lavorano anche per altri settori. Del resto, se le cose non nascono per caso, è nel suo cuore, a Montebelluna, che è cresciuta Veneto Banca, oggi una delle più efficienti e dinamiche banche italiane, frutto di quella coesistenza tra radici piantate sul territorio e proiezione nel mondo internazionale che ha fatto le fortune del Nordest e che oggi segue le sorti del distretto.
La disastrosa crisi dei consumi ha pesato anche qui. Ma più che dati di crolli produttivi e perdite di occupazione ha "prodotto", incertezza e angoscia sul futuro: "E’ vero che crisi è senza precedenti" dice Aldo Durante, creatore del Museo dello Scarpone, cuore e memoria storica del distretto. "Ma sono passati solo cinquant’anni da quando Montebelluna era centro di emigrazione. Le nuove generazioni credono che nel Veneto vivessero solo nobili veneziani che andavano in maschera e contadini che vivevano gioiosi mangiando cibi genuini e ballando danze folkloristiche. Ed invece si faceva la fame. Quella dura. Un poco di più ci rendeva contenti. Oggi un poco di meno, imposto da una globalizzazione che ridistribuisce il reddito ci rende scontenti e angosciati".
La fotografia della crisi, scattata dal rapporto dell’Osem, sponsorizzato da Veneto Banca e curato dallo stesso Durante, mette in luce fragilità e problemi da affrontare. I dati non sono certo quelli di una Caporetto: a conti fatti il 2008 si chiude in parità e nel 2009 la perdita di occupazione potrebbe aggirarsi intorno ad un 5%. Ma a fronte della crescita della Geox, che continua a macinare risultati e a tirare, c’è la crisi di alcuni " simboli". Alcune " multinazionali" che qui erano arrivate negli anni d’oro hanno gettato la spugna. La Rossignol quest’anno ha abbandonato la produzione degli scarponi mantenendo solo la progettazione e mandando a casa 108 persone della sede montebellunese, la Salomon ha chiuso una fabbrica di Maser nel trevigiano, centro di ricerca e sviluppo degli scarponi da sci. E la crisi dei consumi ha annullato la straordinaria stagione invernale scorsa: anche la Tecnica, prima al mondo nel settore, ha annunciato tagli dei posti per la crisi dei consumi. Mentre nelle scarpe la Diadora ha gettato la spugna ed è stata acquisita dalla Geox.
Il futuro però non è però così nero: anche questa stagione invernale sembra partire bene e i negozi svuotati i magazzini cominciano a riordinare. " E poi dice Durante lo sci resterà in pista con la Tecnica, leader mondiale, nelle scarpe da montagna abbiamo aziende con nicchie di eccellenza e resta il predominio in quelle specialistiche da competizione, come quelle del motociclismo. La competizione è durissima nelle scarpe sportive dove c’è anche la Lotto a difendere il mercato". Ma la crescita delle scarpe da passeggio, con Geox, Stonefly e altre aziende, potrebbe continuare e portare altra occupazione.
Il distretto, così, sembra avere chiuso uno dei tanti strambi cerchi della storia: partito a fare zoccoli per i contadini ha costruito il suo successo facendo sciare il mondo e adesso torna alle sue origine ottocentesche che erano quelle di produrre scarpe per camminare. Anche se la tradizione si accompagna ad un primo elemento di fragilità: c’è scarsità di imprenditori e manager giovani. L’eta media degli imprenditori è di 51 anni con una fascia che va da un massimo di 57 per i produttori di calzature a un minimo di 45 per gli studi di design. Gli under 30 sono praticamente assenti.
Il fenomeno Geox e quello di tante aziende piccole, con le loro nicchie mondiali, ha messo in luce un’altra debolezza e uno degli insegnamenti di questa crisi: quello che per sopravvivere ci si deve aggregare. " O si è medio grandi o si è piccolissimi, per gli altri è difficile vivere", dice Durante. E il nanismo produce sottocapitalizzazione, messa in luce oggi dalla crisi impietosa di molte aziende. Anche se un’Unione industriali come quella trevigiana si fa in quattro per far incontrare banche e imprenditori. Del resto Veneto Banca mostra un aumento degli impieghi, anche se con un raddoppio delle sofferenze: "E’ doloroso ma non si può dare credito a chi non ha futuro", dice Vicenzo Consoli direttore della banca, sancendo così la dura legge che finora ha governato il cambiamento del distretto.

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