venerdì 11 novembre 2011

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2,7MILIONI DI SCORAGGIATI NON CERCANO PIÙ LAVORO

ROMA - Hanno abbandonato ogni speranza. Ma, al contrario dei dannati danteschi, non sono mai entrati. Anzi: pensano di non riuscire a entrare più. Sono i disoccupati italiani che, pur essendo disponibili a

lavorare, hanno rinunciato a cercare un impiego. Un esercito di 2,7 milioni di persone in preda a una sindrome definita tecnicamente «scoraggiamento». Secondo l’Istat, in Italia, sono il «triplo» rispetto alla media Ue e si vanno ad aggiungere ai 2,1 milioni di disoccupati (coloro che non hanno una occupazione ma la cercano attivamente).
A fronte dei 2,7 milioni di italiani che pur essendo disponibili a lavorare non cercano impiego, ce ne sono appena 309.000 in Francia (l’1,1% delle forze lavoro) e 530.000 in Germania (l’1,3% delle forze lavoro). Si avvicinano alla percentuale italiana soltanto la Bulgaria con l’8,3% di disponibili a lavorare che non effettuano alcuna ricerca e la Lettonia con l’8%.
Nel complesso, il 42% (circa 1,2 milioni) degli individui classificati tra gli inattivi che non cercano lavoro ma sono disponibili è convinto di non potere trovare un impiego perché troppo giovane o troppo vecchio, di non avere le professionalità richieste o perché ritiene che non vi siano occasioni di impiego nel mercato del lavoro locale. Un fenomeno sempre più rilevante, che interessa sia gli uomini sia le donne - spiega l’Istat nel report concordato con Eurostat.
E ieri è giunto anche il nuovo, allarmante dato sulla produzione industriale, calata a settembre del 4,8% rispetto ad agosto (dato destagionalizzato) e del 2,7% su base annua. Il ribasso congiunturale è il peggiore da dicembre 2008.

L'INTERVISTA.
Fulvio Fammoni è membro della segreteria generale Cgil. Che Italia è questa?
«L’Istat interpreta correttamente la situazione reale, identificando la platea degli scoraggiati. Finora il governo, per difendersi e nascondere i propri insuccessi, bollava chiunque ne parlasse di faziosità».
Come può venirne fuori l’Italia?
«Spero che adesso una discussione reale si possa sviluppare per decidere gli interventi necessari a tutelare questo enorme bacino e per dare prospettiva di un lavoro».
Perché il divario con la media europea?
«Purtroppo il nostro tasso di occupazione è dieci punti più basso di quello Ue. Tutto questo senza considerare, come fa Bankitalia, la platea dei cassintegrati».

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