giovedì 16 dicembre 2010

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Lavoro:mezzo milione di posti in meno

Preoccupano i dati su disoccupazione e Pil in Italia. Dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010 - evidenzia Confindustria - il numero di occupati è diminuito di 540mila (senza contare le ore di Cig che hanno impatto pari a 480mila unità). Inoltre "Il numero delle persone occupate continuerà a diminuire nel 2011". Limate al ribasso le stime sul Pil: la crescita si fermerà al +1% nel 2010 (rivisto dal +1,2%) ed al +1,1% nel 2011 (dal +1,3%).


Il massiccio ricorso alla Cig durante la recessione, si legge nel rapporto di Confindustria, ha notevolmente attenuato l'impatto della crisi sul numero di occupati: dal primo trimestre del 2008 al terzo del 2010 quest'ultimo è diminuito di 540mila unità, contro una diminuzione delle ula (unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) di 1 milione e 221mila unità, di cui 480mila assorbite dalla Cig al suo picco nel secondo trimestre del 2010.

Tanto più consistente è stato quindi il ricorso alla Cig (particolarmente elevato in alcuni comparti industriali), tanto più lenta sarà la ripresa dell'occupazione. La riduzione dei cassintegrati ritarda infatti la creazione di posti di lavoro. Il loro mancato reintegro si traduce in disoccupazione; il rischio che ciò avvenga è più alto in caso di Cigs e cassa in deroga (specie se prolunga interventi ordinari o straordinari) che sono salite di importanza e sono arrivate a pesare per il 77,6% delle integrazioni nella seconda parte del 2010, dal 28,5% del primo semestre 2009.

"Strumenti insufficienti"
Con la crisi ''la contrazione economica è stata violenta: -6,8% il Pil da massimo a minimo, 35 trimestri perduti''. Lo sottolinea il Centro studi di Confindustria sottolineando che ''il recupero si dimostra indeciso e lentissimo: +1,5% finora''. Così, spiegano gli economisti di via dell'Astronomia, ''non si ritornerà sui valori prerecessivi che nella primavera del 2015. Per riagguantare entro la fine del 2020 il livello del trend, peraltro modesto, registrato tra 2000 e 2007, l'Italia dovrebbe procedere d'ora in poi ad almeno il 2% annuo''. Un obiettivo ''raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, come insegna la lezione tedesca, entro il 2012 secondo gli stessi documenti governativi''. Ma ''per coglierlo gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti. Aumenta il conto delle riforme mancate o incomplete o inadeguate rispetto a quanto realizzato dai partner-concorrenti come la Germania''.

Inflazione stabile, i consumi cresceranno poco
La dinamica dei prezzi al consumo in Italia è "sostanzialmente stabile", su valori bassi mentre i consumi cresceranno poco. E' quanto si legge nel rapporto scenari economici del Centro Studi Confindustria. L'aumento dei prezzi al consumo rimarrà contenuto, sotto il 2%, nel prossimo biennio. Per il Csc nel 2011 l'inflazione sarà poco più alta dei livelli correnti: 1,9% a dicembre, 1,8% in media (1,9% in Eurolandia). E si stabilizzerà all'1,9% nel 2012 (lo stesso ritmo dell'area). Tensioni si verificheranno per i listini dei beni ad alto contenuto di materie prime energetiche e alimentari, le cui quotazioni sono rincarate nettamente. In generale i corsi delle commodity sono record e comprimono i margini aziendali. I consumi, invece, cresceranno poco, seppure in graduale accelerazione: dopo il +0,7% nel 2010 (-1,8% nel 2009), segneranno +0,9% nel 2011 e +1,2% nel 2012; si tratta di progressi superiori a quelli del reddito.

Bisogna puntare di più su Ict
''Per le principali economie avanzate le Ict (Information and Communcation Technology) sono dalla metà degli anni '90 il principale motore della crescita guidata dall'innovazione''. Lo sottolinea il Centro studi di Confindustria che dedica al tema dell'innovazione tecnologica il rapporto ''scenari economici'' di dicembre. Per gli economisti di via dell'Astronomia ''in Italia questo propulsore è stato finora usato meno, per ragioni di domanda e di offerta''. E ''un maggiore sfruttamento dell'Ict nel 1997-2007 avrebbe condotto a un Pil italiano più alto del 7,1%''. Secondo le stime di Confindustria, ''se nei prossimi cinque anni l'intensità del capitale Ict fosse portata ai valori del Regno Unito, ciò aggiungerebbe lo 0,8% alla crescita annuale del Pil, quasi raddoppiandola''. Ma ''per far ciò serve uno sforzo congiunto di imprese utilizzatrici (spesso piccole) e produttrici, intervento pubblico e università".

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