martedì 30 novembre 2010

0

Le istituzioni di Bruxelles, l'Fmi e il governo di Dublino hanno concordato il piano di aiuti per salvare l'Irlanda

Il piano di salvataggio economico dell’Irlanda ha ricevuto il necessario imprimatur domenica sera nel corso di un incontro in videoconferenza tra l’Eurogruppo ed i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale capitanati dal direttore generale Dominique Strauss-Khan.
Hanno partecipato anche i ministri delle Finanze di Gran Bretagna, Svezia e Danimarca che si sono impegnati a fornire un aiuto su base bilaterale.
Commissione Europea, Bce, Fmi e governo di Dublino hanno deciso il varo di un intervento pianificato nel corso degli ultimi giorni per puntellare il debito bancario e quello sovrano della ex “tigre celtica” – assurta negli anni ’90 agli onori delle cronache economiche per la sbalorditiva capacità di attrarre capitali esteri.
L’aiuto finanziario, ora alla scontata approvazione dell’Ecofin, prevede un prestito di 85 miliardi di euro, di cui ben 35 da destinarsi al salvataggio del sistema bancario.




Dublino dal canto suo ha recentemente varato una contestatissima manovra quadriennale da 15 miliardi per risanare i suoi conti. A tal fine è stato programmato, oltre a tagli alla spesa complessivamente pari a 10 miliardi, un aumento dell'iva al 22% nel 2013 e al 23% nel 2014.




Si tratta di un intervento la cui magnitudo era sostanzialmente già nota e di fronte alla quale, negli ultimi giorni, i mercati avevano reagito apaticamente, se non negativamente.




Le preoccupazioni che la crisi del debito irlandese possa allargarsi ad altre “periferie deboli” dell’eurozona hanno causato nelle ultime settimane perdite sui mercati azionari per un valore che secondo Bloomberg si aggirerebbe attorno ai 2300 miliardi di dollari, prova tangente che il salvataggio di Dublino non frenerà più di tanto le tensioni sui mercati.




L’effetto slavina sulle altre economie europee potrebbe quindi essere a portata di mano. Secondo il Financial Times l’esposizione delle banche europee sull’Irlanda supera i 350 miliardi di euro.




Non è un caso quindi se il pessimismo si è impadronito della maggior parte delle analisi economiche articolate recentemente dagli esperti e molti di loro, anticipando un probabile effetto domino su Portogallo e Spagna - nonostante le smentite a tutto campo provenienti da Lisbona e Madrid - hanno cominciato a temere l’approssimarsi di una crisi “sistemica”.




Le improvvide dichiarazioni di alcuni leader europei della scorsa settimana sembravano avvalorare le preoccupazioni dei mercati mettendo in mostra evidenti e profonde difformità programmatiche. Altro che spirito comunitario.




"Siamo in una situazione molto seria, dobbiamo innanzitutto dare una risposta sistemica alla crisi. Ho fiducia che ce la faremo": così ha parlato Olli Rehn, commissario Ue agli affari economici e monetari, poco prima della riunione a Bruxelles.




"Proteggere le basi della ripresa economica in Europa", questo il principale obiettivo secondo Rehn.




La vera posta in gioco è il mantenimento in vita della stessa Europa monetaria venuta alla luce nel gennaio del 1999 proprio con il varo dell’euro. Un’iniziativa ardita – una moneta senza Stato – che l’ottimismo della volontà dei suoi coraggiosi artefici sperava potesse fare da volano alla costruzione di un’Europa politica.




Proprio perché, a bail-out avvenuto, la priorità è ridare fiducia ai mercati evitando che la situazione vada fuori controllo, ieri a Bruxelles la decisione prospetticamente più importante è stata la creazione di un fondo che si occuperà di fare da schermo permanente alle crisi.
30 novembre 2010 Il meccanismo prevede, innovando l’architettura di questo tipo di strumenti, il coinvolgimento - da stabilirsi “caso per caso” - degli investitori, acquirenti dei debiti sovrani dei paesi a rischio di insolvenza.
In caso di intervento gli investitori verrebbero chiamati nella ristrutturazione sia del pagamento degli interessi che di una quota del capitale.
Viene così accolta, seppure con una modalità diversa e senza lo stabilimento di un vero e proprio meccanismo, la proposta tedesca che si preoccupava di prevedere anche per gli investitori degli “oneri” da sostenere in caso di crisi.
Si tratta di quanto esposto con molta chiarezza da Max Weber, direttore della banca centrale tedesca: “La prossima volta che si verifica una crisi, gli obbligazionisti saranno parte della soluzione anziché del problema. Fino ad oggi gli unici che hanno pagato per risolvere il problema sono i contribuenti”.
Il previsto meccanismo permanente di salvataggio dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2013 e potrebbe avere in dote, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, il doppio delle disponibilità, circa 440 miliardi di euro, attualmente detenute dal fondo salva–Stati: lo European Financial Stability Facility utilizzato per la prima volta proprio per dare ossigeno a Dublino e previsto fino al giugno del 2013.
Robert J. Samuelson dalle colonne del Washigton Post evidenzia che la crisi irlandese - mettendo a nudo le difficoltà europee sui due più qualificanti progetti della costruzione europea, quello sociale del sistema avanzato di welfare democratico e quello politico-economico dell’unione monetaria - paradossalmente fa sì che “quello che c’è da sapere sulla crisi economica irlandese è che non riguarda l’Irlanda”.


Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts with Thumbnails