domenica 24 gennaio 2010

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L’anno comincia nell’incertezza ma la crisi aumenta le «occasioni» Con la recessione rallenta anche l’antiquariato e diventano disponibili molte opere


La crisi, almeno, un vantaggio lo porta: fa emergere sul mercato beni fermi da generazioni nelle case e nelle collezioni. È un momento di riscoperta e di occasioni. L’arte è un investimento di lunga durata, e quello che riporta in vendita quadri e arredi è quasi sempre un fatto straordinario: una successione ereditaria o, appunto, una crisi finanziaria. Ma, a parte la sorpresa di trovarsi di fronte a opere sconosciute, questo 2009 c’è il rischio che non porti nulla di buono.
Le grandi aste e le mostre internazionali hanno macinato anni di crescita che sembrava inarrestabile. Poi il 2008, sulla scia della crisi dei subprime e poi col botto di Lehman, ha chiuso in frenata. Ne ha risentito vistosamente l’arte contemporanea, che negli ultimi anni aveva segnato prezzi da ubriacatura. Ed è proprio l’arte contemporanea quella da osservare oggi con la massima diffidenza. Le logiche che la ispirano sono spesso puramente speculative, e la prima abilità degli artisti sembra quella di farsi marketing e pubbliche relazioni. L’arte contemporanea, a differenza di tutti gli altri campi, è veramente globale; è «laica», non risente cioè di religioni o fedi ideologiche; è «facile», perché la sua lettura necessita più di alfabeti suggestivi che di linguaggi culturali. Così, sfruttando un mercato mondiale e trasversale, spunta prezzi impensabili per un fondo oro medievale o un bronzo del Cinquecento. Sarà l’arte contemporanea - avvertono tutti gli esperti - a soffrire di più nel 2009, anno che verrà dominato dalla prudenza e da un rallentamento di compravendite. Le mancheranno le spinte dei fondi hedge e l’euforia provocata dagli arricchimenti facili.

Proprio per questo, il 2009 potrà offrire qualche rivincita all’arte antica, all’antiquariato, a pitture e sculture d’alta epoca. Settori più sottili e, per quotazioni, non paragonabili: sembra un paradosso che un Tiziano debba valere meno dello Squalo in formalina di Damien Hirst, ma è il mercato che decide. Eppure una tela o un mobile antichi sono ormai storicizzati, hanno già dimostrato di saper battere il tempo.
Sul mercato degli Stati Uniti - fa osservare acutamente Giancarlo Graziani, consulente e docente allo Iulm di «Arti patrimoni e mercati» - si sta notando una nuova tendenza. Si apprezzano particolarmente quadri di ottima qualità, di grandi dimensioni e di autenticità ineccepibile. Quelli cioè di standard museale che possono essere utilizzati dai proprietari per conferimenti alle fondazioni da scontare sulle tasse. E rimanendo in tema di leggi, si può anche riflettere sulle maglie strette della legislazione italiana, che con l’istituto della notifica di fatto limita fortemente la circolazione delle opere d’arte oltre il territorio nazionale. «Il nostro è il Paese meno liberale del mondo, e prima o poi dovrà adeguarsi - sottolinea Graziani -. Se gli Impressionisti fossero stati sottoposti agli stessi vincoli, oggi non avrebbero né mercato mondiale né quotazioni così elevate. Questo significa che tanta arte italiana è sottostimata anche per questo, e che quando le regole cambieranno, adeguandosi all’Europa, non potrà che crescere di valore».
Come in ogni periodo economicamente difficile, comprerà chi avrà denaro in abbondanza, e quindi non dovrebbero risentire di grandi oscillazioni le opere di alto livello qualitativo. Si continueranno a cercare nicchie di qualità ovunque, dai bronzi rinascimentali ai gioielli Art nouveau, dai fondi oro alle scuole regionali italiane: nella consapevolezza che la bellezza, in sé, è un valore oggettivo, che non si svaluta mai. Ma nel 2009 il mercato risentirà anche dell’immobilismo di un’importante componente della domanda: banche e fondazioni bancarie, finora grandi acquirenti di opere di livello, resteranno alla finestra. Le priorità purtroppo sono altre.

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