«Siamo troppo individualisti», sbotta Paolo Rufini, antiquario di via dei Coronari, che da anni cerca di unire la categoria in un'unica realtà, «finché i sei o sette big dell'antiquariato romano si opporranno alla nostra unione, non riusciremo a far sentire la nostra voce. È un peccato, visto che in tutta la Capitale saremo circa in 1.200, potenzialmente una vera forza trainante». Urge, dunque, pari dignità per gli antiquari, sia quelli di via dei Coronari, che quelli di San Basilio: uniti per vincere. «Le divisioni tra di noi fanno male all'arte», rincara Paola Cipriani, antiquaria di via Giulia, «per superare la crisi economica ci vorrebbe più sensibilità verso la categoria. Ma ci sono troppe fazioni, così non riusciamo a farci rispettare».

A lanciare una proposta che potrebbe unificare la categoria sono l'antiquario Rufini e l'avvocato Vincenzo Pate, tra i fondatori dell'associazione Provarte. «Per promuovere e difendere l'arte e la cultura, come strumento di certificazione, autenticità dell'opera e garanzia della qualità, alla prossima edizione di Antiquari nella Roma rinascimentale, che si terrà al S. Spirito in Sassia dal 17 al 25 ottobre prossimi, lanceremo il marchio Provarte. Ma dobbiamo essere uniti». Da notare che la figura dell'antiquario non si riduce a semplice acquirente di opere d'arte, ma a quella di intenditore, a volte di restauratore e anche di artigiano. Nel cuore della nostra Roma antica, oltre alle gallerie, ci sono ancora rare isole fuori dal tempo, splendide botteghe che testimoniano antichi mestieri. Un mondo più unico che raro, da valorizzare, apprezzare e preservare.
La lettera - Mi piace curiosare tra le fiere e le mostre mercato che si svolgono in tanti luoghi della mia città. Mi piacciono quelle dove ci sono molti stand che espongono cose antiche. Dai mobili all'oggettistica. Ma anche quelle botteghe antiquarie dove gli esperti sono artigiani e restauratori ai quali chiedere lumi su un pezzo scovato nella cantina di una vecchia zia. Anche loro però parlano di crisi. Hanno i magazzini pieni di pezzi antichi e di opere d'arte. La crisi è innegabile e anche loro, un po' come tutti i settori, sono in una congiuntura sfavorevole. Però, a differenza di un negozio di abbigliamento non hanno merce che passa di moda. Anzi, col tempo il loro magazzino dovrebbe aumentare di valore. O comunque tenere il mercato. È vero, hanno speso dei soldi, ma possono contare, un giorno, di recuperarli maggiorati. È come se avessero un investimento sicuro. Allora, di che si lamentano?
Nessun commento:
Posta un commento