lunedì 9 maggio 2011

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Lavoro nero: oltre al danno la beffa SALENTO

Ora anche chi subisce il ricatto del “lavoro nero”, ossia l’incolpevole lavoratore, dovrà comunque pagare le imposte non versate dal datore di lavoro e quindi dichiarare quanto percepito.

Forse si è trovato un nuovo modo per far emergere il lavoro nero, o un invito ai lavoratori a denunciarlo? "Non crediamo data l’estensione del fenomeno,
Così Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, commentando la sentenza n. 9867/2011 della Corte di Cassazione.

Secondo la sezione tributaria della Suprema Corte, infatti, con la decisione in questione, il lavoratore che percepisce lo stipendio in nero, ha l’onere comunque di dichiarare al fisco il reddito ricevuto, e quindi il comportamento illegittimo del datore di lavoro/sostituto d’imposta non assorbe e annulla gli obblighi del lavoratore.

Il caso di cui si occupa la cassazione era stato avviato a seguito di un avviso di accertamento Irpef dell’Agenzia delle Entrate, attraverso la quale l’ente statale aveva richiesto il pagamento delle tasse relative ai redditi erogati e non dichiarati da una società. In particolare, gli stipendi in nero erano stati provati a seguito del reperimento in occasione di una verifica fiscale nei confronti della società datrice di lavoro delle ricevute rilasciate dal lavoratore.

Le commissioni tributarie provinciali e regionali avevano accolto i ricorsi del contribuente - lavoratore, che si era opposto al prelievo, poiché non risultava un accordo per non dichiarare il reddito ed in virtù della manifesta buona fede con cui aveva agito il contribuente ritenendo di non dover presentare la dichiarazione per redditi derivanti dall’unico rapporto di lavoro.

I giudici del Palazzaccio, al contrario, hanno accolto la linea difensiva dell’Agenzia della Entrate, secondo cui in presenza di pagamenti in nero, sussiste comunque l’obbligo del lavoratore di dichiarare al fisco i pagamenti.

Uniformandosi all’orientamento generale di legittimità, gli ermellini hanno ritenuto comunque che in caso di mancato versamento della ritenuta d'acconto da parte del datore di lavoro, il soggetto obbligato al pagamento del tributo è comunque anche il lavoratore contribuente ed hanno espresso il principio secondo cui “in presenza dell'obbligo di effettuare la ritenuta di acconto (diretta in sé ad agevolare non solo la riscossione, ma anche l'accertamento degli obblighi del percettore del reddito), l'intervento del "sostituto" lascia inalterata la posizione del "sostituito", il quale è specificamente gravato dall'obbligo di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta, poiché essi concorrono a formare la base imponibile sulla quale, secondo il criterio di progressività, sarà calcolata l'imposta dovuta, detraendosi da essa la ritenuta subita come anticipazione di prelievo”.


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Pagano 27 euro per 2 gelati :Non è professionale approfittare dei turisti stranieri

SAN GERVASIO. «Non è professionale approfittare dei turisti stranieri, noi i Valdera ci diamo da fare per aumentare le presenze, qui trovano ancora la Toscana come se la immaginano. Fare pagare due gelati 27 euro solo perchè i clienti sono tedeschi lo trovo semplicemente vergognoso». Caroline Wasserfuhr, originaria di Bonn, è molto conosciuta in Valdera. È la titolare di bed&breakfast sulle colline di San Gervasio, "Podere la pergola" e quello che è capitato ai due suoi clienti, una coppia di trentenni di Friburgo, Hans Peter Ehrlich e Sara, ritiene che sia un pessimo biglietto da visita per l'intera Toscana. «In questo modo diamo di noi una brutta impressione, anzi, la peggiore. I commenti viaggiano velocemente in rete, daremo l'impressione di una realtà da evitare. E questo non va assolutamente bene». I due turisti tedeschi, in vacanza per alcuni giorni in Toscana, si sono concessi un pomeriggio a Firenze dove hanno avuto la disavventura di pagare due gelati 27 euro. Quando la sera sono tornati a San Gervasio non hanno potuto fare a meno di raccontare quello che era successo. «Siamo stati in una gelateria che ha il bancone che si affaccia sulla strada - hanno spiegato - abbiamo ordinato un cono e una coppetta. Poi siamo passati dalla cassa a pagare. E qui abbiamo scoperto che i nostri gelati erano... preziosi. La coppa costava 12 euro, il cono (sullo scontrino definito mega cono) 15 euro. La tentazione è stata quella di lasciare il gelato alla cassa ma poi abbiamo pagato». Il racconto degli ospiti stranieri ha lasciato senza parole Caroline che ha sentito il bisogno di denunciare pubblicamente quanto accaduto. L'imprenditrice si è fatta lasciare lo scontrino, meditando pure di rivolgersi alla guardia di finanza anche solo per chiedere un consiglio sul da farsi. Poi la decisione di rivolgersi al giornale e protestare. «Far pagare due gelati 27 euro, anche se grandi e ricchi di gusto, è un furto. Se qualcuno trova un'altra definizione lo dica. Ed è anche un modo per danneggiare la categoria. In Valdera ci sono tanti albergatori e titolari di strutture ricettive o di ristoratori che lavorano bene, che fanno di tutto per aumentare le presenze. Andare a Pisa o a Firenze per gli stranieri è inevitabile e se vengono trattati in questo modo l'immagine che si dà della Toscana è pessima». Continua a leggere!
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TREMONTI: "ABBIAMO COSTRETTO LACTALIS ALL'OPA"

MILANO - Sull'operazione Parmalat per il ministro dell'Economia il bilancio non è negativo. «Li abbiamo costretti a un'Opa totalitaria senza colpo ferire: già questo è un risultato concreto», ha affermato Tremonti parlando dell'Opa di Lactalis in un incontro con la stampa al termine dell'assemblea annuale della Consob.

MICCICHE': FINANZIARE OPA? VEDREMO «Ancora non sappiamo niente, vedremo». Così ha risposto Gaetano Miccichè, direttore generale di Intesa Sanpaolo a gli chiedeva se la banca avesse in programma di finanziare l'opa di Lactalis su Parmalat. Miccichè ha parlato a margine dell'assemblea della Consob.

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Si fa d'oro la tazzina dell'espresso al bar UNA TAZZINA COSTA 1€

ROMA - Si fa d'oro la tazzina dell'espresso al bar: per gustarsi il caffè e affrontare con più spirito la giornata non basta a volte un euro. A Roma è quello il conto che ormai si sborsa, a Milano si arriva anche a 1,50 euro nei bar più eleganti. Non sono i bar a lucrarci, spiega Fipe-Confcommercio che raduna i pubblici esercizi, ma è colpa delle speculazioni internazionali che tengono in fibrillazione i prezzi delle materie prime. Anche il caffè sta pagando scotto con le quotazioni all'origine in vertiginoso aumento. «Da mesi i prezzi all'origine del caffè sono in continuo aumento, il fatto è questa commodity, non diversamente dalle altre, è divenuta strumento di speculazione internazionale - osserva il presidente di Fipe-Confcommercio Lino Enrico Stoppani - È chiaro che se la miscela la paghi il 30% in più si ripercuote sulla tazzina. Dobbiamo inoltre tenere in conto che intanto aumentano i costi di attività degli esercizi. Devo però dire che i nostri esercenti hanno finora mostrato molta attenzione a non trasferire questi rincari su espresso e cappuccino, un 'ritò che l'italiano ha a cuore e sui cui è meno disponibile ad accettare aumenti rispetto alla maggior parte dei prodotti». Secondo le rilevazioni Fipe risulta che la tazzina è il prodotto del bar con la dinamica di prezzo più virtuosa negli ultimi undici anno: rispetto a aumento dell'inflazione dal 2000 al 2011 del 23,9%, la tazzina ha segnato infatti +25,3%, per un aumento del prezzo reale che non ha superato il punto e mezzo percentuale. Ma le ultime accelerazioni dei prezzi all'origine - nel giro di pochi mesi si è passati da 120 centesimi di dollaro per libbra di caffè verde a oltre 200 - cominciano inevitabilmente a ripercuotersi nei bar sull'onda degli aumenti che in primis scattano presso importatori e torrefattori. L'Istituto nazionale espresso italiano (Inei), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine e macinadosatori, sottolinea la corsa verso l'alto del caffè crudo. «Il prezzo del Brasile Santos, caffè base per molte miscele di qualità, è praticamente raddoppiato - osserva il presidente Inei Gianluigi Sora - Molti altri caffè pregiati hanno seguito la sua sorte». Pertanto, conclude l'Inei, «L'aumento dei prezzi coinvolge in particolar modo quei torrefattori che lavorano in qualità».

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Saldi estivi dal 2 luglio partiranno lo stesso giorno in tutta Italia


PADOVA / L’assalto ai negozi per l’acquisto a basso costo di vestiario e accessori partirà a Padova, come nel resto d’Italia, il 2 luglio prossimo e durerà massimo 60 giorni. Unica data di avvio per tutte le regioni, che hanno stabilito anche la data di partenza per i saldi invernali, fissata per la giornata festiva dell’Epifania. Nel documento promulgato dopo la conferenza delle regioni e provincie autonome si legge la volontà di “favorire con misure unitarie la concorrenza tra regioni, che si impegneranno a dare seguito alle decisioni prese durante la conferenza”.

La proposta di definire un criterio uniforme sulla data di partenza dei saldi per tutte le città italiane era stata avanzata da Confcommercio nell’ottobre scorso. La confederazione intendeva affrontare la problematica legata alla parcellizzazione e alle conseguenze derivanti a livello regionale: non solo disorientamento dei consumatori, ma anche danni per le imprese che, con diversa intensità, subivano le conseguenze legate al diverso sistema di concorrenza tra città.

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sabato 7 maggio 2011

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i mercati tremano la Grecia fuori dall'euro

La Grecia non uscirà, non può uscire da Eurolandia. Non ci sarà alcuna ristrutturazione del debito ma si prospettano invece nuovi aiuti europei per Atene. Dopo una serata di rumors sulla possibilie richiesta greca di uscita dall'euro, un vertice straordinario tenutosi a Lussemburgo traccia un nuovo scenario per la soluzione della crisi ellenica. Una riunione cui hanno partecipato il ministro dell'economia Giulio Tremonti e i ministri delle finanze di Germania, Francia, Spagna e Grecia, il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Junker, il commissario europeo Olli Rehn e il presidente della Bce Jean-Claude Trichet. «Una ristrutturazione del debito è esclusa. Riteniamo che la Grecia abbia bisogno di un ulteriore aggiustamento del programma di aiuti e ne discuteremo in dettaglio» al prossimo Ecofin, ha detto Junker. prima del presidente dell'Eruogruppo, il ministro delle finanze greco George Papconstantinou aveva rassicurato che alla riunione in Lussemburgo l'ipotesi di un'uscita della Grecia dal sistema euro non era stat discussa: Papaconstatinou ha aggiornato i partner europei sugli sviluppi dell'economia greca e ribadito l'impegno di Atene ad attuare il piano di Ue, Bce e Fmi.

La possibilità di un default della Grecia e di una sua possibile uscita dall'euro, erano stati paventati in giornata dal New York Times e dal Der Spiegel. Secondo il settimanale tedesco, che ha citato fonti vicine al governo greco, il premier George Papandreou sarebbe arrivato alla conclusione che non vi sia altra scelta che abbandonare l'euro. L'ipotesi di un ritorno della Grecia alla vecchia Dracma - tecnicamente complicatissima e che se confermata avrebbe un impatto enorme non solo per la Grecia ma per la stessa tenuta della divisa unica - è subito «smentita categoricamente» da una fonte una fonte vicina a Papandreou e definita «totalmente fantasiosa» dal ministro delle Finanze francese Christine Lagarde. Smentisce anche un portavoce della cancelliera tedesca, Angela Merkel, mentre è 'no comment' da Bce e Commissione Ue. Il quotidiano tedesco Handelsblatt parla di «notizia falsa». Le voci rischiano di assestare un altro colpo alla Grecia all'apertura dei mercati lunedì, con i rendimenti dei titoli di Stato ellenici già su livelli record. La conseguenza più immediata, di fronte a un debito in caduta libera, è che si fa sempre più concreta una una dilazione delle rate se non un taglio in valore dei rimborsi. Il New York Times ha definito «inevitabile» la ristrutturazione. «I lupi del mercato sono tornati ad ululare» si legge in un lungo articolo sul quotidiano e i mega-tassi che il debito greco rende agli investitori disposti a comprarlo stanno a dimostrare che nessuno si aspetta rimborsi regolari. Il Nyt ipotizza che sulla Grecia Ue e Fmi stiano solo prendendo tempo per dare tempo alle banche di rafforzare il capitale preparandosi alla tempesta.

Il rischio di aumentare a dismisura i costi e i danni futuri: una nuova Lehman Brothers di fronte alla quale «l'Europa deve fare il necessario per impedire che il default distrugga il suo sistema finanziario» e si propaghi. Il contagio ha colpito in pieno il Portogallo, il cui salvataggio, concesso da Ue, Fmi e Bce in cambio di un impegnativo programma di riforme, è ora a rischio. Al consiglio Ecofin del 16 maggio servirà infatti il voto unanime dei 27 ministri, e la Finlandia potrebbe dire 'nò aprendo una breccia agli altri Paesi scontenti di fornire aiuti. Il Partito di Centro, uscito sconfitto dalle recenti elezioni finlandesi, si è ritirato dal gruppo di lavoro parlamentare incaricato di trovare sostegno per gli aiuti a Lisbona, e anticipa apertamente un no agli aiuti il partito populista-nazionalista dei 'Veri finlandesì, uscito rafforzato dalle elezioni di aprile.

LIIKANEN: "NESSUN PAESE LASCIA L'EURO" «Nessun Paese desidera lasciare Eurolandia»: lo ha detto Erkii Liikanen, membro del direttivo della bce, intervistato dalla tv finlandese Yle. Liikanen, che è anche governatore della banca di Filnadia, è intervenuto all'indomani del vertice straordinario dell'Ue tenuto a Lussemburgo sulla crisi ellenica

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giovedì 5 maggio 2011

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BENZINA, CARO STORICO:ORA COSTA 1,6 € AL LITRO

ROMA - Balzo record per la benzina, che raggiunge il picco storico di 1,6 euro al litro. Si tratta di un prezzo mai raggiunto prima, che secondo le rilevazioni quotidiane di Staffetta Quotidiana, ha superato oggi la soglia psicologica degli 1,6 euro al litro nella media nazionale. Per Esso e TotalErg si rileva un aumento di 1 centesimo al litro sul prezzo della verde. I prezzi medi nazionali salgono così rispettivamente a 1,595 euro/litro e 1,601 euro/litro.


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mercoledì 4 maggio 2011

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“Fazzoletto alla mano”, i lodigiani dicono addio al posto fisso

“Fazzoletto alla mano”, i lodigiani dicono addio al posto fisso. Il contratto a tempo indeterminato, quello sicuro e che durava una vita, è una chimera. Lo dicono i numeri che, come è risaputo, non mentono mai: l’anno scorso su 46.947 assunzioni nel territorio, ben 21.259 avevano alle spalle un contratto a tempo determinato, in crescita rispetto al passato, mentre solo 12.777 potevano ritenersi una volta per tutte al sicuro.

Basta dare un’occhiata alle cifre per rendersi conto di quanto sia difficile mettere in tasca un contratto senza doversi più preoccupare: i famigerati Co.Co.Co. nel 2010 arrivavano a quota 4.156, l’8 per cento in più rispetto al 2009, a cui si aggiungono 5.493 assunzioni interinali, che in un solo anno hanno registrato un’impennata del 45,97 per cento. Senza dimenticare i 1.103 casi di apprendistato, 850 per il tirocinio, 188 per l’inserimento, 230 per il lavoro autonomo e 883 per quello domestico.

Non solo i contratti a tempo indeterminato rappresentano, soprattutto per i giovani, un miracolo, ma sono persino in discesa: nel 2010 se ne potevano contare 1.124 in meno rispetto al 2009. È questa la fotografia del mondo del lavoro scattata dall’unità operativa “Politiche del lavoro, promozione all’impiego e cooperazione internazionale” che fa capo alla Provincia di Lodi. Gli uffici sottolineano che i dati non si riferiscono alle persone fisiche, bensì alle assunzioni registrate nel corso di un anno: è possibile che un lavoratore abbia infatti firmato più di un contratto nell’arco di dodici mesi.

Nel Lodigiano si contano quasi 13mila disoccupati, un dato aggiornato al mese di marzo 2011, mentre ci sono 2.052 persone in mobilità, lavoratori che hanno più di 55 anni o che hanno un’età compresa tra i 40 e i 50 anni. Gli esperti ricordano che le informazioni relative a mobilità e disoccupazione per il momento devono essere presi con le pinze. In ogni caso, le assunzioni registrate nel 2010 sono state superiori a quelle del 2009, 46.947 contro 45.825, 1.122 in più. Le cifre spesso mostrano che a pagare il prezzo più caro della crisi sono le donne: gli uomini possono vantare più assunzioni e più contratti a tempo indeterminato. Non solo, come evidenziano alcune analisi, una volta tagliate fuori dal mercato le donne difficilmente si buttano di nuovo nella “mischia”. A questo proposito, secondo la consigliera per le pari opportunità di palazzo San Cristoforo, Antonella Sudati, servirebbe un’analisi approfondita per capire le motivazioni: «Vanno in pensione? Lavorano in altre province? Non trovano più posto perché magari hanno una certa età? - si chiede -. La crisi ha colpito soprattutto le categorie deboli, anche le persone poco qualificate sono le prime a essere penalizzate». Il vicesindaco di Lodi, Giuliana Cominetti, si occupa da tempo della questione, anche attraverso iniziative come il “Credito rosa”, per agevolare il gentil sesso a fare impresa. «Spesso a 35 anni per il mondo del lavoro sei vecchia, soprattutto se hai una famiglia. Molte donne non riescono più a trovare un’occupazione e allora si mettono in proprio. Altre si ritrovano a scegliere tra la famiglia e la carriera.Le forme di lavoro sono più flessibili, ma in risposta non ci sono dei servizi adeguati, gli orari sono sempre quelli standard, dalle 8 alle 17, ma ci sono professioni con esigenze ben diverse»
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Tanzi condannato a 8 anni E' definitiva la condanna per aggiotaggio nei confronti dell'ex patron della Parmalat

E' definitiva la condanna per aggiotaggio nei confronti dell'ex patron della Parmalat, Calisto Tanzi. La Cassazione ha ricalcolato per lui il numero di anni di reclusione, 10 in secondo grado, facendoli scendere a otto e un mese, in seguito alla prescrizione di alcuni episodi di false informazioni al mercato. Sono infatti stati dichiarati prescritti tutti i reati di Tanzi fino al 18 giugno 2003.
La Cassazione ha inoltre confermato la condanna a risarcire 103 mln di euro per gli oltre 32 mila piccoli risparmiatori che dopo il crac del gruppo si sono ritrovati in mano carta straccia al posto dei bond con oltre 100 mln di euro a titolo di provvisionale negata in primo grado.

Condanne alleggerite anche per gli altri due imputati nel processo Parmalat per aggiotaggio. In particolare per Luciano Silingardi, ex consigliere indipendente del gruppo la Cassazione ha ridotto la pena da 3 anni ad un anno, due mesi e 15 giorni di reclusione con la sospensione condizionale della pena. In questo caso piazza Cavour ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per i reati fino all'8 dicembre 2003.

L'ex presidente della Parmalat Venezuela, Giovanni Bonci (condannato in appello a 2 anni e 6 mesi) avrà un nuovo processo poiché la Suprema Corte ha annullato con rinvio alla Corte d'Appello di Milano. Dichiarati inoltre inammissibili i ricorsi di 17 parti civili che chiedevano di dichiarare la responsabilità di altri consiglieri indipendenti del gruppo già assolti.
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Petrolio, nuovo record storico per la verde: 1,6euro al litro


ROMA - Nuovo record storico per il prezzo della benzina che, secondo le rilevazioni di Staffetta quotidiana (quotidiano itlaiano che fornisce informazioni e statistiche sull'energia sfiora la soglia di 1,6 euro al litro nella media nazionale. Nei distributori Tamoil, infatti, il prezzo alla pompa è salito a 1,599 euro al litro.

IERI IL TONFO DEI PREZZI DEL PETROLIO. Ieri sul mercato del Mediterraneo, nella prima sessione dopo due giorni di chiusura delle contrattazioni, rileva Staffetta quotidiana, si è registrato un tonfo dei prezzi. La benzina ha perso 17 dollari la tonnellata a quota 1.145, il gasolio 15 a 1.054. l'euro ha perso leggermente terreno rispetto al dollaro e così per i compratori europei il prezzo della benzina si attesta a 585 euro per mille litri (-6), quello del gasolio a 603 (-6). Venendo ai prezzi alla pompa, dopo il rialzo deciso ieri da Eni sulla benzina, questa mattina registriamo un ritocco all'insù proprio per Tamoil. La compagnia libica ha aumentato i prezzi della benzina di 0,6 centesimi al litro, salendo così in media nazionale a 1,599 euro al litro. Ferme invece tutte le altre compagnie.

AUMENTANO IN MEDIA GLI ALTRI MARCHI. Con l'aggiustamento di Tamoil, aumenta la media ponderata tra i diversi marchi: il prezzo della benzina guadagna 1 millesimo a 1,589 euro al litro, mentre resta stabile il gasolio a 1,495 euro al litro. I prezzi medi regionali restano sostanzialmente invariati con Piemonte e Veneto sempre a guidare la classifica con una media di 1,595 euro al litro sulla benzina e 1,496 euro al litro sul diesel. valori massimi in provincia autonoma di Bolzano con la verde a 1,632 euro al litro e il gasolio a 1,533 euro al litro. Discorso a parte nelle regioni dove vige l'addizionale regionale (Abruzzo, Marche, Liguria, Campania, Molise, Calabria e Puglia) dove la media della benzina risulta più alta, con la Puglia a fare da battistrada a quota 1,643 euro al litro.
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Brindisi, dove il futuro è lavoro nero


Le vetrine dei negozi del centro sono ambiziose. Vestiti per signora, scarpe alla moda, abbigliamento per giovani, tante marche, prezzi alti. Nell’isola pedonale, che avvicina al porto, Brindisi appare serena, tranquilla. «No dottore, lei si sbaglia» avverte il barista maestro del caffè, più lucido di un’economista: «Questa è una città rassegnata, siamo morti, i giovani se ne vanno, i miei colleghi commercianti si ostinano ad aprire negozi con i jeans e le Nike per i ragazzi, ma a chi le vendono? I negozi durano un po’ e poi chiudono».

Brindisi è una città di 90mila abitanti, in provincia si arriva a 400mila. Il sindaco è uno dei fondatori di Forza Italia, Domenico Mennitti, spedito qui da Berlusconi per conquistare il municipio. Questa città, industrializzata a partire dagli Anni ‘60 con i soldi dello Stato, il petrolchimico e l’energia, vive un paradosso: la sua area industriale ufficiale misura 124 chilometri quadrati, un gigante con pochi paragoni in Italia, ma nessuno sa dire esattamente quale sarà il suo destino economico, quali speranze e quali illusioni si possono nutrire per il futuro.

La situazione è talmente grave che persino Cgil, Cisl e Uil sono riuscite a sottoscrivere un documento unitario e a proclamare uno sciopero generale per dicembre. La realtà oggi è fatta di drammatici numeri e di disagio sociale. Il tasso di disoccupazione è del 25% in provincia (leggermente più alto in città), negli ultimi mesi 2500 lavoratori hanno perso il posto, donne e giovani ormai non si iscrivono nemmeno più alle liste di collocamento perchè tanto non c’è speranza. Chi può se ne va, gli altri cercano di attutire i colpi più duri. «Resiste solo il sommerso, il “nero” rappresenta almeno il 30% dell’economia, forse di più. Siamo arrivati al punto che ormai è una specie di ammortizzatore sociale, consente a chi rimane a casa di guadagnare qualche cosa, ma è una minaccia gravissima per la società, insinua l’illegalità nella vita di tutti giorni, porta la gente a non rispettare le leggi, a non avere più fiducia nello stato, nelle istituzioni» analizza Leo Caroli, segretario della locale Camera del lavoro, che cita l’analisi del sociologo Luciano Gallino: «In certe zone del Paese il “nero” è diventato elemento strutturale dell’economia, questo è il fenomeno che abbiamo sotto gli occhi. Alcuni miei colleghi mi rimproverano, mi chiedono che senso ha difendere i diritti, richiamare la legge, quando attorno è tutto un disastro».

Il sommerso emerge davanti agli occhi, l’economia illegale ha espressioni quotidiane, si vede, si sente, ti sfiora per strada, ti aspetta sotto casa. Ha anche i suoi aspetti “competitivi”. Massimo Zurlo, 40 anni, un figlio, ha perso il posto dopo 12 anni passati alla Sif, azienda produttrice di film plastico, chiusa perchè la multinazionale Exxon Mobil ha tagliato gli ordini. Racconta: «Fuori non c’è niente, nessuna azienda ti prende a lavorare. Le sole occasioni sono nel lavoro “nero”. Se fai una giornata per la vendemmia o a raccogliere le olive puoi prendere 45 euro. Ma questa cifra è solo per gli italiani. Adesso c’è la concorrenza degli albanesi, degli eritrei, degli africani, loro prendono 25 euro al giorno». Il suo collega Giuseppe Tosafio, 28 anni, sposato, racconta: «Non sappiamo cosa fare, non abbiamo nemmeno la cassa integrazione in deroga perchè siamo stati licenziati prima che fosse concessa dalla Regione Puglia. Così non ci resta proprio nulla».

La crisi sociale e quella industriale vanno di pari passo, si accompagnano e si alimentano. Nel grande polo industriale di Brindisi non mancano certo le aziende, caso mai mancano i progetti, mancano imprenditori coerenti con le loro promesse. Il polo aerospaziale ha una sua bella consistenza, con l’Agusta che qui occupa 560 addetti e dovrebbe fare rete con la Avio e l’Alenia. Ma l’azienda di Finmeccanica che costruisce elicotteri ha deciso di non aderire al consorzio di aziende del distretto. Perchè? Maurizio Coppola, 48 anni, impiegato tecnico all’Agusta ha una sua idea: «Probabilmente c’è un motivo politico sotto, perchè non c’è una ragione logica per cui Agusta aderisce al distretto e poi si tira fuori dal consorzio di aziende. Forse la società è influenzata dai ministri leghisti del governo che spingono per un rafforzamento dei centri del nord, a Vergiate, Sesto Calende, Arona. In più l’Agusta ha comprato in Polonia la PZL che ha 4500 dipendenti e fa le stesse cose che facciamo noi. Ad ogni incontro i manager ci dicono di stare tranquilli, ci danno le pacche sulle spalle, ma le cose non sono chiare».

Dalla difesa si può passare all’energia. Qui è attiva la più grande centrale elettrica d’Europa, la Federico II di proprietà dell’Enel. Brindisi è un potente produttore di energia per il Paese, con qualche conseguenza. «Siamo i campioni nell’emissione di Co2, siamo i leader nelle polveri sottili, non ci batte nessuno» sottolinea drammaticamente il leader locale della Cgil, «abbiamo pure un nastro trasportatore di carbone lungo 12 chilometri, tutto all’aperto». L’Enel si è impegnata a realizzare investimenti entro il 2013 per abbattere le polveri di carbone. Non è finita: il territorio di Brindisi sarà destinato probabilmente a ospitare una centrale nucleare, secondo i nuovi progetti del governo. In più si discute ancora dove creare il rigassificatore Lng, di proprietà della British Gas, pare una vecchia promessa di Berlusconi a Toni Blair.

«L’energia può andare bene, ma noi siamo vittime di un gigantismo energetico mal governato» sostiene Vincenzo di Monte, 54 anni, dipendente della Edipower (colosso di proprietà della Edison, con azionista anche la A2A), «io vengo da Mesagne, un grosso centro agricolo, siamo arrivati al punto che i contadini affittano i terreni per l’installazione dei pannelli solari invece di lavorare la terra. Noi lavoratori assistiamo a queste manovre che ci passano sulla testa, i giganti fanno i loro giochi, intanto fuori si perdono i posti e le famiglie si disgregano». In città molti pensano che il destino di Brindisi e della regione sarà quello di diventare una piattaforma per la produzione di energia e lo smaltimento dei rifiuti, di tutti i rifiuti. Ci sono già casi emblematici: arrivano rifiuti ospedalieri da smaltire e altri misteriosi barili sigillati su cui il sindacato chiede inutilmente notizie. Un gruppo locale ha lanciato il piano «Green Agorà», la piazza verde, per creare un ciclo completo dallo smaltimento alla produzione di energia. Il polo industriale ha bisogno di investimenti, delle bonifiche dell’Eni che sembra pensare ad altro, di sviluppare nuove iniziative. Ma la novità ora è rappresentata dalle piccole e medie aziende che trasferiscono la produzione al Nord, se ne vanno. Scappano.

Come la Europlastic, produttrice di Pvc e laminati plastici. Benedetto D’Adamo, operaio, 48 anni, originario di Carovigno, ha perso il posto con altri 30 colleghi. «Abbiamo lavorato come bestie, l’azienda ha fatto i soldi, ha comprato un’altra impresa vicino a Frosinone. Il padrone è di Milano, un giorno ha chiuso la sede milanese e l’ha riaperta il giorno dopo con un altro nome. Qui hanno fermato la produzione, ma sono rimasti due impiegati e un nuovo macchinario perchè hanno potuto incassare un milione di finanziamenti pubblici. Senza lavoro la vita è difficile, non c’è dignità. Ho iniziato a sei anni da un falegname. Ora sono a spasso, non dormo più.
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Sovrapprezzo dei farmaci, ci pensa la Regione Lombardia

Da domani e per tutto il mese di maggio i cittadini lombardi non dovranno più pagare il sovrapprezzo di molti farmaci equivalenti, generici ma non solo, causato da un decreto dell'Aifa che ne ha abbassato il prezzo di riferimento. Sarà, infatti, la Regione Lombardia ad accollarsi questa differenza. L'intervento del Pirellone varrà in tutte le 2.600 farmacie convenzionate con il sistema sanitario regionale.


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L'anziano stilista, 88 anni Pierre Cardin è pronta a vedere al prezzo di un miliardo di euro la sua storica maison di moda

ROMA4 maggio 2011Pierre Cardin è pronta a vedere al prezzo di un miliardo di euro la sua storica maison di moda. L'88enne stilista, adducendo come principale motivazione proprio l'età, lo ha detto in un'intervista al Wall Street Journal.

«Voglio vendere adesso - ha detto Cardin, che ha fondato il suo marchio nel 1949 - So che tra qualche anno non ci sarò più e gli affari devono andare avanti». Secondo il quotidiano Usa il valore del gruppo Pierre Cardin ammonterebbe a 200 milioni di euro. Cardin in oltre mezzo secolo di attività è riuscito ad ottenere oltre 600 licenze a livello internazionale ed è stato uno dei primi ad investire nel mercato cinese nel 1978. Cardin, che non ha eredi, ha fatto sapere di volere restare nel gruppo come direttore creativo: è nell'interesse del compratore «per l'immagine del brand» ha sottolineato.
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